Avvocato Parma Separazione

Separazione divorzio mantenimento

estratto Cassazione Num. 18974 Anno 2013

[omissis]Il primo luogo deve essere disattesa l’eccezione d’inammissibilità del ricorso svolta dal controricorrente, avendo questa Corte già reiteratamente affermato che il decreto emesso in sede di reclamo contro il decreto del tribunale che modifica le statuizioni di ordine patrimoniale contenute nella sentenza di divorzio ha valore decisorio ed è impugnabile con il ricorso straordinario per cassazione ex art. 111 Cost. (cfr, tra le altre, eass.n. 10852 del 1994; n. 1584 del 2008). A sostegno del ricorso la B. denunzia: 1. “Violazione e falsa applicazione di norme di diritto , in particolare l’art. 156 c.c. e 155 ter cc in relazione all’ art.360 nr. 3 c.p.c., per avere il giudice di appello statuito la ricorrenza nella fattispecie concreta dell’ipotesi prevista dall’art. 156 cc..”. Formula il seguente quesito ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., applicabile ratione temporis « dica la Ecc_ma Corte di Cassazione se nel caso specifico e ciò nella richiesta di revoca o riduzione dell’assegno di mantenimento per un figlio, la Corte di Appello [omissis] sia incorsa nella falsa ed errata applicazione dell’art. 156 c.c., avendo considerato che la modificabilità del predetto assegno sia ammissibile ai sensi del citato articolo del codice civile e non già con la disciplina ex art. 153 ter cc.>>. il motivo deve essere disatteso. Nella specie, nonostante che la controversia inerisse alla revisione di disposizioni economiche attinenti al divorzio delle parti (art. 9 legge n. 898 del 1970), l’applicazione delle regole di cui alle norme codificate sostanziali e processuali proprie del diverso istituto della separazione personale si rivela irreprensibile alla luce dell’art. 4 della legge n. 56 del 1996, applicabile ratione temporis, laddove poi l’improprio richiamo all’art. 156 cc (in luogo dell’art. 155 ter c.c. e dell’art. 9 legge div,) appare non decisivo ed integrare mera irrilevante irregolarità formale, essendo stati in concreto applicati principi normativi pertinenti al caso e valorizzata la sopravvenienza di giustificati motivi, puntualmente ricondotti al rapporto filiale. 2. “Violazione e falsa applicazione di norme di diritto, in particolare l’art.155 cc in relazione all’art. 360 nr. 3 c.p.c. per avere il giudice di appello statuito la ricorrenza nell’autosufficienza economica del figlio maggiorenne nella ipotesi di attribuzione di borsa di studio.”. Formula il seguente quesito << dica la Ecc.ma Corte di Cassazione se nel caso specifico e ciò nella richiesta di revoca o riduzione dell’assegno di mantenimento per un figlio, la Corte di Appello di [omissis] sia incorsa nella falsa ed errata applicazione dell’art. art.155 c.c. , avendo considerato che la modificabilità del predetto assegno sia ammissibile e che, dunque, sussista il requisito dell’autosufficienza economica, allorché si consegua una borsa di studio universitaria.>>. Contesta che il figlio maggiorenne delle parti avesse raggiunto l’indipendenza economica e quindi che ricorressero i presupposti per la cessazione dell’obbligo paterno di mantenimento. 3. “Violazione e falsa applicazione di norme di diritto, in particolare l’art.155 ter cc in relazione all’ art. 360 nr. c.p.c, per avere il giudice di appello statuito la ricorrenza nell’autosufficienza economica del figlio maggiorenne nella ipotesi di attribuzione di borsa di studio.” Formula il seguente quesito <-< dica la Ecc.ma Corte di Cassazione se nel caso – specifico e ciò nella richiesta di revoca o riduzione dell’assegno di mantenimento per un figlio, la Corte di Appello di [omissis] sia incorsa nella falsa ed errata applicazione dell’art. art.155 ter c.c. , avendo considerato che la modificabilità del predetto assegno sia ammissibile e che, dunque, sussista il requisito dell’autosufficienza economica, allorché si consegua una borsa di studio universitaria».Il secondo ed il terzo motivo del ricorso, suscettibili di esame congiunto, non meritano favorevole apprezzamento. Il dovere di mantenimento del figlio maggiorenne, gravante sul genitore (tanto separato quanto divorziato) non convivente, sotto forma di obbligo di corresponsione di un assegno, cessa all’atto del conseguimento da parte figlio, di uno “status” di autosufficienza economica consistente nella percezione di un reddito corrispondente alla professionalità acquisita in relazione alle normali e concrete condizioni di mercato (non rilevando, all’uopo, il tenore di vita da lui condotto in costanza di matrimonio o durante la separazione dei genitori), poiché il fondamento del diritto del coniuge convivente a percepire l’assegno “de quo” risiede, oltre che nell’elemento oggettivo della convivenza (che lascia presumere il perdurare dell’onere del mantenimento), nel dovere di assicurare un’istruzione ed una formazione professionale rapportate alle capacità del figlio (oltre che alle condizioni economiche e sociali dei genitori), onde consentirgli una propria autonomia economico, dovere che cessa, pertanto, con l’inizio dell’attività lavorativa da parte di quegli (cfr, tra le altre, cass. n. 2392 del 2008). Emerge che il figlio delle parti, una volta laureatosi in medicina e chirurgia, ha stipulato, ai sensi dell’art. 37 del D.lgs n. 368 del 1999, un contratto di specializzazione pluriennale in chirurgia vascolare, che gli attribuisce un compenso annuo di E. 25.000,00, rimasto incontestato (in tema cfr cass. n. 4412 del 2012; n. 20403 del 2009). Tale contratto di specializzazione non si esaurisce nell’approfondimento culturale, ma si completa con prestazioni analoghe a quelle del personale dipendente, con obbligo per lo Stato di adeguata remunerazione (cfr cass. n. 1182 del 2012), di tal che non è riconducibile ad una semplice borsa di studio (in tema, cfr cass. n. 1891 del 2012; ; cass. SU n. 29345 del 2008), come sostenuto dalla ricorrente. Tanto premesso, i giudici d’appello appaiono avere irreprensibilmente valutato gli estremi della vicenda, in concreto ritenuto il conseguimento dell’indipendenza economica da parte del figlio e conseguentemente statuito la cessazione dell’obbligo paterno di mantenimento, congruamente argomentando la non precarietà o non saltuarietà del beneficio conseguito con la stipula del contratto di formazione in questione (sul tema cfr anche cass. n. 1398 del 2004 in motivazione) e puntualmente analizzando anche le condizioni economiche paterne. D’altra parte non c’è un principio per il quale il figlio deve essere aiutato a conseguire risultati confacenti alle sue aspirazioni ove questi siano superiori alle aspettative che la famiglia poteva avere creato sul suo futuro professionale o che in ogni caso i genitori non siano economicamente in grado di assicurargli. Conclusivamente il ricorso deve essere respinto [omissis]divorzio

separazione